Il crollo delle borse ha occupato il primo posto nei mezzi comunicazione questa settimana. Si tratta di un fenomeno che si è esteso a tutto il mondo, ma che probabilmente ha cause diverse da Shanghai a Wall Street, da Tokyo a Milano. Un elemento comune è il difficile rapporto tra i grandi protagonisti della politica economica, i governi e le istituzioni sovranazionali, l’aristocrazia finanziaria, le multinazionali industriali e commerciali, e la difficoltà, per non dire l’impossibilità, di trovare soluzioni razionali ai problemi economici mondiali. La crisi borsistica è l’arma spesso usata dalle varie componenti dell’aristocrazia finanziaria per costringere i governi a fare scelte che non intacchino o incrementino i loro guadagni: questa una delle possibili cause della crisi borsistica in Europa, dove le principali istituzioni finanziarie fra gli altri, il governatore della Banca d’Italia, Visco chiedono la dilazione o addirittura la modifica delle norme introdotte dall’Unione Europea che istituiscono un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento, il cosiddetto bail-in. Oggi, l’indice azionario del comparto finanziario europeo (Euro Stoxx Bank Index) solo lo 0,2% sopra ai minimi provocati dal panico del 2012. La norma che sicuramente spaventa di pi l’aristocrazia finanziaria e i privilegiati che si possono permettere di tenere grosse somme sui conti correnti quella che impone, in caso di dissesto degli istituti finanziari, di rivalersi, oltre che sugli azionisti e sugli obbligazionisti, anche sui correntisti con depositi superiori ai 100 mila euro. A proposito di questa norma, i giornali che esprimono l’umore dei rentiers, di chi campa di rendite e di interessi, parla di anticamera del prelievo forzoso sui conti correnti. Ma l’impatto più pesante del bail-in è sui rapporti Stati (e istituzioni sovranazionali) e banche: la norma UE dovrebbe mettere fine al sostegno che i governi hanno dato alle banche europee, e che dal 2008 ad oggi ha significato aiuti al sistema bancario per 800 miliardi di euro, restituita ad oggi solo per metà.
Un morto che cammina
La norma europea sul salvataggio interno mette fine a tutti quei trucchi divertenti che hanno tenuto a galla governi e banche dell’area euro, durante la crisi dei debiti sovrani. Un autorevole commentatore afferma che ci troviamo di fronte ad uno schema Ponzi di proporzioni gigantesche, con la Banca Centrale Europea a far da ruffiana, con la sua stampa compiacente di banconote.
Lo schema Ponzi una forma di truffa che promette forti guadagni alle vittime, a condizione che queste trovino nuovi investitori a loro volta vittime della truffa. Prende il nome da Charles Ponzi, un italiano emigrato negli USA, che divenne famoso per aver applicato quella truffa su scala così vasta, da arrivare a raccogliere 15 milioni di dollari. Un esempio di queste pratiche truffaldine il modo in cui banche e governi si aiutano a vicenda, per apparire più solvibili della realtà: le banche comprano proprietà governative, uffici, palazzi, ex caserme, pagando con titoli di Stato: Il Governo poi prende in affitto dalle banche quegli stessi immobili, mentre le banche trasformano le proprietà in titoli cartolarizzati, come gli ABS (Asset Backed Securities). Il governo fa da garante per quei titoli, rendendoli così idonei per le operazioni pronti conto termine attraverso cui la Banca Centrale Europea finanzia il sistema bancario.
Le nuove normative sulle banche, fra l’altro, spingono le banche ad accumulare titoli di stato dichiarati senza rischi (risk-free) dalle autorità europee, autorità europee che dimostrano una lampante sfacciataggine, a fronte delle conseguenze della crisi del debito pubblico.
Appare qui chiaramente che il credito permette al singolo capitalista o a colui che tenuto in conto di capitalista, di disporre completamente, entro certi limiti, del capitale e della proprietà altrui, e per conseguenza del lavoro altrui.
Tutte le misure, tutte le spiegazioni ancora pi o meno accettate all’interno del modo di produzione capitalistico, qui scompaiono. Ciò che il sistema finanziario rischia nelle sue speculazioni non è proprietà sua ma della società. La frase fatta che fa derivare il capitale dal risparmio viene smentita, perchè ciò che lo speculatore pretende è proprio che altri risparmino per lui. Il lusso di cui i capitalisti non possono fare a meno, perchè ora diventa anch’esso un mezzo per ottenere credito, fa a pugni con l’altra frase fatta, che fa derivare il capitale dalla rinuncia. Il successo e l’insuccesso portano qui egualmente all’accentramento dei capitali e quindi alla espropriazione sulla scala più vasta. L’espropriazione si estende qui dai produttori diretti ai piccoli risparmiatori e agli stessi capitalisti piccoli e medi. Tale espropriazione costituisce il punto di partenza del modo di produzione capitalistico, e allo stesso tempo il suo scopo, che, in ultima analisi, è quello di espropriare i singoli individui dei mezzi di produzione, che con lo sviluppo della produzione sociale cessano di essere mezzi della produzione privata e prodotti della produzione privata, e che possono essere ancora soltanto mezzi di produzione nelle mani dei produttori associati, quindi loro proprietà sociale, così come sono loro prodotto sociale. Ma nel sistema capitalistico questa espropriazione riveste l’aspetto opposto, si presenta come appropriazione della proprietà sociale da parte di pochi individui, e il credito attribuisce a questi pochi sempre più il carattere di puri e semplici cavalieri di ventura.
Il fallimento del sistema bancario europeo è innanzi tutto il fallimento dei governi nazionali e dell’Unione Europea. Centinaia di miliardi di euro si sono volatilizzati, miliardi pagati da tutti i contribuenti europei, senza alcun risultato: l’azione dei governi non ha modificato nè il modo di operare dell’aristocrazia finanziaria, nè la situazione di un sistema produttivo incapace di soddisfare i bisogni delle grandi masse, orientato al profitto individuale e alla concorrenza. Gli unici risultati sono stati la distruzione del sistema di garanzie, dalle pensioni ai diritti, dal reddito alla sanità, che hanno finora tutelato gli strati più deboli e la classe operaia. Oggi in Europa, grazie alla politica dei governi europei, fa poca differenza, per il reddito di uno sfruttato, lavorare o meno: la miseria cambia di poco. Nonostante questo, nonostante i sacrifici fatti dalla classe operaia, nonostante lo smantellamento degli apparati pubblici di protezione sociale, nonostante la disoccupazione e la miseria dilaganti, la crisi dell’economia capitalistica è lungi da arrivare ad una conclusione, ma si sta avvitando su se stessa.
Come in una cerimonia vudù, banche e governi si scambiano i ruoli di zombie e Baron Samedi, cercando di illudere i loro fedeli che la cerimonia si concluderà positivamente. In realtà sistema finanziario e governo sono come le religioni, valgono se la gente ci crede. Certo, loro hanno a disposizione polizia e carabinieri, stato di emergenza e militarizzazione della società per rafforzare la credulità del pubblico; ma le illusioni non possono nascondere il fallimento mondiale della politica statale, un cadavere che ammorba tutta la terra.
Tiziano Antonelli